Si riportano di seguito alcune delle recenti sentenze civili con esito vittorioso in favore dei clienti dell'avv. Antonio la Penna, sentenze penali di assoluzione, o che hanno comunque comportato una condanna minima rispetto al pesante capo di imputazione dell'imputato, sentenze penali vittoriose per la parte civile, richieste di rinvio a giudizio in seguito a deposito di atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, provvedimenti di accoglimento di misure alternative alla detenzione nella fase esecutiva della pena, provvedimenti di riabilitazione penale, ed altri provvedimenti di accoglimento, emessi dalle varie Autorità Giudiziarie in favore della parte processuale difesa dall'avv. Antonio la Penna:

 

- sentenza di assoluzione (detenzione armi da guerra - clicca qui per il download della sentenza).

Un assistito dell'avv. Antonio la Penna veniva casualmente trovato in detenzione di un proiettile di un fucile Kalashnikov, con inciso sul fondello la scritta “SMI 87”, dove SMI è acronimo di “Società Metallurgica Italiana”, e 87 indica l’anno di fabbricazione, ossia 1987. Il proiettile (che l'imputato aveva trovato per strada) veniva rinvenuto in un marsupio di proprietà dell’imputato (borsello a tracolla). L'uomo non possedeva armi da guerra ricollegabili al predetto proiettile (munito di ogiva). Scattava quindi il capo di imputazione del reato previsto e punito dall'art. 2, Legge 895/1967, che punisce con la reclusione da 1 a 8 anni chiunque illegalmente detiene a qualsiasi titolo le armi o parti di esse, le munizioni, gli esplosivi, gli aggressivi chimici e i congegni indicati nell'articolo 1 della stessa legge (armi da guerra o tipo guerra, o parti di esse, atte all'impiego, munizioni da guerra, esplosivi di ogni genere, aggressivi chimici o altri congegni micidiali, ovvero ne faccia raccolta).

Sfruttando una delle poche vere interessanti modifiche legislative apportate dalla Rifoma Cartabia, relative alla nuova possibilità di essere assolti per particolare tenuità del fatto, stante la modifica dell’art. 131 bis, c.p., che sostituiva il limite di pena edittale detentiva non superiore nel massimo a cinque anni con quello della “pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, sola o congiunta a pena pecuniaria”, rientrando quindi a pieno titolo il reato di cui al capo di imputazione del predetto procedimento penale, l'avv. la Penna sottolineava la minima offensività del fatto di reato (si trattava del ritrovamento di un solo proiettile, e non veniva ritrovata alcuna arma da guerra ad esso collegabile), la non abitualità del comportamento dell'imputato, l'esiguità del danno e del pericolo e, soprattutto, la mancanza di dolo, in quanto l'imputato non aveva alcuna cognizione che si trattasse di un proiettile di un'arma da guerra, ed aveva anche intenzione di far visionare quel proiettile alla Polizia, cosa che non faceva, ma solo per dimenticanza, dovuta anche al fatto che lo stesso imputato era un malato oncologico, e molto spesso girava da un'ospedale all'altro per accertamenti, analisi, e visite mediche. Venivano ascoltati durante l'istruttoria l'imputato ed altri testi, che confermavano la versione dell'imputato.

Il Collegio Giudicante, pertanto, emetteva sentenza di assoluzione nei confronti del predetto imputato perchè non punibile per particolare tenuità del fatto.

 

- sentenza di assoluzione dal reato previsto dall'art. 570 bis c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio) - clicca qui per scaricare la sentenza

Un padre di famiglia, assistito dell'avv. Antonio la Penna, era imputato per il reato di cui all'art. 570 bis, codice penale, perchè si sottraeva in tutto o in parte alla corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore di 2 dei suoi figli minori, che convivevano con la sua ex moglie. L'avv. la Penna sottolineava che l'imputato, solo per un breve periodo, e a causa di una invalidità lavorativa (dimostrata in giudizio), era impossibilitato a pagare integralmente gli importi dovuti a titolo di mantenimento. Nel periodo di contestazione dei fatti di reato, l’imputato, persona ormai prossima all’invalidità al 100%, non lavorava, e percepiva solo un assegno di invalidità lordo di circa 580 euro. Infatti, l’imputato, già affetto da ernie cervicali, e diverse gravi discopatie a livello lombare, nel giugno 2017 si sottoponeva ad un delicato intervento chirurgico di artrodesi vertebrale posteriore, come da documentazione prodotta in giudizio, acquisita dietro richiesta della difesa. Quindi, nel periodo marzo 2019-maggio 2021 l’imputato era impossibilito a lavorare, e con una pensione di poco più di 500 euro mensili doveva provvedere contemporaneamente a se stesso, alla sua seconda famiglia composta dalla nuova compagna con lui convivente, e l'altra figlia minore, di appena anni 8, nata dall’unione dell’imputato con la predetta nuova compagna (disoccupata) e, come se non bastasse, doveva anche provvedere al mantenimento di altri 2 figli minori avuti con la querelante (ex moglie).

Non vi era quindi alcun dolo nel comportamento parzialmente e temporaneamente omissivo dell'imputato, veramente impossibilitato per alcuni mesi a pagare integralmente le quote di mantenimento in favore della parte offesa, in favore dei figli. In quel periodo, i minori colocati presso l'ex moglie dell'imputato erano comunque tutelati e mantenuti dalla stessa ex moglie e dal suo nuovo marito, il quale confermava, in sede di escussione, di provvedere anche lui personalmente a tutti i bisogni dei predetti minori. L’imputato, come da ricevute vaglia postali acquisite in giudizio, e confermate dalla persona offesa in udienza, nel periodo di contestazione dei fatti di reato (da marzo 2019 al maggio 2021), pagava comunque a titolo di mantenimento dei figli somme di denaro, a volte inferiori, a volte superiori agli importi stabiliti mensilmente. Essendoci dei contro crediti vantati dall'imputato nei confronti della sua ex moglie, veniva stipulato stragiudizialmente un accordo scritto, che veniva prodotto in giudizio, con il quale la querelante dichiarava di non avere più nulla a pretendere nei confronti dell'imputato per tutti gli arretrati dovuti per il mantenimento dei figli minori. La stessa persona offesa, riascoltata, ai sensi dell'art. 507, c.p.p., confermava in udienza davanti al Giudice che l'imputato aveva adempiuto a tutti i suoi obblighi di mantenimento nei confronti dei sui 2 figli, collocati presso di lei.

Più volte, la Giurisprudenza si è espressa, affermando che non può essere condannato il genitore che per gravi problemi, non riesce a versare integralmente le quote di mantenimento (Cassazione penale, sentenza n. 26993/2019; Cassazione penale, sentenza del 12 gennaio 2021, n. 998).

L'avv. la Penna chiedeva in via principale l'assoluzione con formula piena perchè il fatto non sussisteva e, in via gradata, l'assoluzione perchè l'imputato non poteva essere punito per particolare tenuità del fatto, in quanto non vi era dolo nè abitualità del comportamento.

Pertanto, il giudice assolveva l'imputato dai reati a lui ascritti perchè non punibile per particolare tenuità del fatto.

 

- sentenza di assoluzione con formula piena "perchè il fatto non sussiste" (clicca qui per il download della sentenza).

Un'assistito dell'avv. Antonio la Penna era imputato del delitto di cui all'art. 95, commi I e II, in relazione agli artt. 76,78 e 79, del D.P.R. n. 115/2002, per presunte false dichiarazioni contenute in un'autocertificazione contenuta in un'istanza di ammissione al Patrocinio a Spese dello Stato. L’istruttoria dibattimentale, portata avanti dall’avv. Antonio la Penna, faceva emergere la completa estraneità dell’imputato rispetto ai fatti di reato di cui ai capi di imputazione a lui ascritti.

Gli accertamenti sulla situazione patrimoniale dell’imputato, per l’anno 2018, effettuati dalla Guardia di Finanza, non risultavano corretti, in quanto il Brigadiere incaricato male interpretava i prospetti di pagamento riportati sul portale INPS relativi all’imputato difeso dall’avv. Antonio la Penna. La Guardia di Finanza, nella scheda patrimoniale e reddituale dell’imputato indicava erroneamente che l’imputato avesse percepito la somma di € 8.640,00 a titolo di assegno di invalidità e contemporaneamente anche € 10.440,27 a titolo di indennità di disoccupazione non agricola, c.d. NASPI.

In realtà, per legge (art. 6, comma 7, D.L. n. 148/1993, convertito in Legge n. 236/1993), non è possibile percepire contemporaneamente sia la pensione di invalidità, sia l’indennità di disoccupazione NASPI. Ciò veniva confermato dal teste della difesa, dott.sa A. M., funzionario dell’INPS di San Severo, escussa in udienza, la quale dichiarava di conoscere la situazione dell’imputato, avendolo seguito per delle liquidazioni pensionistiche. Il predetto funzionario INPS confermava il fatto che l’imputato non poteva percepire contemporaneamente sia assegni di invalidità, sia indennità di disoccupazione NASPI perché lo stesso aveva optato nel 2018 per la NASPI e, di conseguenza, tutte le rate di pensione successive a marzo 2018 venivano erogate, cioè risultavano depositate alla CASSA, ma effettivamente non venivano mai versate a favore dell’imputato. Non esiste quindi una revoca automatica della pensione di invalidità in quanto la NASPI ha una durata limitata, ed un soggetto deve poi avere la possibilità di richiedere assegni di invalidità quando non percepisce più la NASPI.

Il funzionario riconosceva una certificazione del 06/12/2019, che gli veniva mostrata dall'avv. Antonio la Penna, nella quale la stessa, unitamente all’allora direttore dell’INPS, dichiarava che, nell’anno 2018, l’imputato percepiva un’unica rata di assegno di invalidità, quella di marzo 2018, per un importo lordo di € 557,95, che al netto era pari ad € 426,88. Le rate pensionistiche da aprile a luglio 2018 non venivano pagate. Dal 1° agosto 2018 non veniva più predisposto alcun pagamento a nome dell’imputato, e dal 1° gennaio 2019 la pensione veniva eliminata. La predetta certificazione veniva acquisita in giudizio e riconosciuta dal teste.

Su domanda dell’avv. Antonio la Penna, il predetto Funzionario INPS confermava anche il fatto che gli altri 2 figli minori dell’imputato risultavano a carico dello stesso, pur non convivendo più con lui, e questo incide sui presupposti di ammissione al Gratuito Patrocinio. In tal modo, il limite di reddito nel caso di specie, tenendo conto dell’aumento di € 1032,91 per ogni familiare convivente più quelli a carico era di € 15.625,46, e non di € 13.559,64 come erroneamente accertato dalla guardia di Finanza di San Severo. L’imputato, nel 2018, conviveva con la moglie, e con la figlia minore, ma aveva altri due figli a carico che venivano affidati ad entrambi i genitori (ossia all’imputato e alla sua ex moglie ), come da provvedimento di omologa di separazione consensuale prodotta in giudizio. Nell’anno 2018, l’imputato provvedeva al mantenimento dei predetti altri 2 figli non conviventi, mantenendo comunque un rapporto stabile con gli stessi, e riportando il loro codice fiscale anche nel modello 730 del 2019 nel quadro dei “familiari a carico”.

Tra l’altro, come specificato nel ricorso di impugnazione del provvedimento di revoca del Gratuito Patrocinio proposto dallo stesso imputato, il provvedimento di revoca del Gratuito Patrocinio del Giudice di Pace era comunque illegittimo, in quanto in spregio dell’art. 112 del Testo Unico Spese di Giustizia, ignorava il termine consentito al richiedente il gratuito patrocinio di rettificare la propria istanza, comunicando le variazioni o le rettifiche reddituali entro 30 gg. dalla scadenza del termine di 1 anno dalla data di presentazione dell’istanza.

L’avv. la Penna faceva acquisire in giudizio anche pec del direttore dell’INPS dove veniva comunicato che, salvo quanto già precisato con la predetta certificazione riconosciuta dal Funzionario INPS, la Certificazione Unica del 2019 dell’imputato riportava, tra gli altri, altri dati errati. Precisamente, i redditi di pensione percepito dall’imputato nell’anno 2018 non erano di € 1.692,75 (come erroneamente indicato nella certificazione unica del 2019), bensì € 557,95 (lordi). Il Direttore dell’INPS, come da prospetti allegati alla stessa pec e acquisiti in giudizio, dichiarava che, nonostante interrogando il cassetto previdenziale risultava un importo di pensione totale di € 7.935,25, l’imputato, in realtà, percepiva effettivamente solo € 557,95 lorde, perché le altre corresponsioni non andavano a buon fine. La pec si concludeva indicando l’importo totale percepito dell’imputato nell’anno 2018, che comprendeva NASPI, per un totale di € 10.440,27 (netto pagato).

All’udienza successiva, veniva acquisito in giudizio provvedimento del 2 febbraio 2023, del Giudice Penale del Tribunale di Foggia, con il quale, in seguito ad impugnazione dell’imputato, veniva revocato il provvedimento di revoca del Gratuito Patrocinio del Giudice di Pace Penale riguardante l’autocertificazione reddituale incriminata e, contestualmente, l’imputato veniva ammesso in via retroattiva a beneficiare del Patrocinio a spese dello Stato.

Quindi, alla luce di quanto sopra il Giudice Penale del Tribunale di Foggia emetteva sentenza di assoluzione nei confronti del predetto imputato perché il fatto non sussite.

 

 

- sentenza di revoca del decreto ingiuntivo opposto, con condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali (clicca qui per il download della sentenza)

Con ricorso per decreto ingiuntivo, la conduttrice di un locale adibito ad uso commerciale richiedeva ed otteneva, dal Tribunale di Foggia, nei confronti della proprietaria locatrice dell’immobile, difesa dall’avv. Antonio la Penna, decreto ingiuntivo, per la somma di € 15.606,00, a titolo di indennità per perdita di avviamento commerciale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 L. 392/78, oltre esborsi di procedura pari ad € 130,00 per spese, € 600,00 per diritti ed onorari, ed accessori come per legge.

La proprietaria locatrice, assistita dall’avv. la Penna, intraprendeva, avverso la predetta conduttrice, un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale veniva contestato, tra le altre cose, nel merito, il fatto che la conduttrice non aveva diritto ad alcuna indennità per perdita da avviamento commerciale, in primis perché la stessa trasferiva la propria attività commerciale sulla stessa via, a pochi metri di distanza dal precedente locale di proprietà dell’assistita dell’avv. la Penna, ed in secondo luogo perché la predetta attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico avveniva senza alcun allaccio alla rete idrica, quindi in assenza della c.d. DIA sanitaria, costringendo la proprietaria locatrice ad affrontare anche le spese per la costruzione di una rete idrica, che avveniva solo quando l’immobile de quo ritornava in possesso della proprietaria. Nel procedimento civile di opposizione a decreto ingiuntivo, l’avv. la Penna depositava tutti gli esposti fatti dalla propria assistita alle ASL competenti, e al Comune di San Severo, depositava dichiarazione del legale rappresentante pro tempore dell’Acquedotto Pugliese, attestante la mancanza di una rete idrica nel periodo di durata del predetto rapporto locativo, e faceva notare al Giudice che lo stesso perito, incaricato dalla stessa conduttrice per verificare lo stato dei luoghi dell’immobile prima del rilascio, dichiarava nella propria perizia che l’immobile veniva rilasciato nello stesso stato di quando veniva consegnato al momento della stipula del contratto di locazione, ossia senza alcuna rete idrica. Il Giudice accoglieva la domanda formulata dall’avv. Antonio la Penna, per conto della propria assistita, revocando il decreto ingiuntivo opposto, e condannando parte opposta al pagamento delle spese processuali.

 

 

- Ordinanza di sostituzione di misura cautelare clicca qui per il download del provvedimento.

Ad un impiegato, imputato per il reato di peculato, accusato di aver trattenuto e non versato ad un Ente Pubblico un importo di decine di migliaia di euro, veniva comminata la misura cautelare degli arresti domiciliari. Dopo diversi tentativi dei precedenti difensori di far revocare o sostituire la predetta misura cautelare, non andati a buon fine, l’imputato si rivolgeva all’avv. Antonio la Penna, il quale, studiato il fascicolo della Procura, e constatata la resipiscenza dello stesso imputato in merito ai fatti di reato commessi, provvedeva ad inviare al Giudice procedente apposita istanza cautelare, dove faceva rilevare l’affievolimento delle esigenze cautelari previste dall’art. 274, c.p.p. In particolare, l’avv. la Penna sottolineava che non vi era più pericolo di inquinamento probatorio, visto che, dopo le perquisizioni personali e domiciliari della Polizia Giudiziaria, venivano sequestrati tutti i documenti e le cose pertinenti al reato, non vi era pericolo di fuga, l’imputato era incensurato e vi erano concrete possibilità di ottenere con sentenza la sospensione condizionale della pena, visto che la pena poteva essere ridotta, non solo per il rito alternativo scelto in seguito a notifica del decreto che disponeva il giudizio immediato, ma anche per le diverse circostanze attenuanti generiche che potevano essere riconosciute all’imputato. Ancora, non vi era pericolosità sociale, visto che l’imputato veniva già sospeso dalla posizione lavorativa che occupava prima dell’arresto. L’imputato, inoltre, aveva la necessità di tornare subito a lavorare, non solo per contribuire al mantenimento della sua famiglia, visto che aveva ancora nel suo nucleo familiare dei figli non ancora economicamente autosufficienti, ma anche per poter al più presto riparare il danno alla persona offesa. L’imputato, infatti, per il tramite dell’avv. Antonio la Penna, inviava al l.r.p.t. della parte offesa, proposta di riparazione del danno, nella quale si chiedeva un accordo scritto di riparazione del danno che sarebbe stato garantito dall’imputato tramite due fideiussori. Il Giudice, letta l’stanza presentata dall’imputato, per il tramite dell’avv. la Penna, provvedeva a sostituire la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella meno afflittiva della sospensione dai pubblici uffici o servizi.

 

 

- sentenza di non doversi procedere in seguito ad esito positivo di messa alla prova dell'imputato. Nel caso di specie, l'imputato adempiva, con assiduità ed impegno, a tutte le prescrizioni imposte dal programma di trattamento predisposto dall'Ufficio UEPE, dando anche prova di aver risarcito il danno nei confronti della persona offesa. Veniva emessa, quindi, sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato. Reato estinto.

 

- Provvedimento di riabilitazione penale, del 2020, emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Bari, in favore di un assistito dell'avv. Antonio la Penna, di professione ingegnere che, nell'anno 2010, veniva condannato dal Tribunale di Fermo, in seguito al rito alternativo del patteggiamento, al pagamento  dell'ammenda di € 350,00, per i reati p. e p. dagli artt. 93-94-95, del D.P.R. 6 Giugno 2001, n. 380. Nell'istanza depositata, l'avv. la Penna allegava tutta la documentazione comprovante il pagamento della predetta ammenda da parte dell'ingegnere, e dimostrava come, quest'ultimo, dal momento in vui veniva condannato, fino alla data di sottoscrizione dell'istanza di riabilitazione, si era sempre attivato al fine dell'eliminazione di tutte le conseguenze di qualunque tipo derivanti dalla predetta condotta criminosa. All'uopo, veniva anche depositata documentazione comprovante i rilevanti incarichi di progettazione di opere pubbliche che l'ingegnere aveva ricevuto negli anni successivi alla condanna.

 

- ordinanza di accoglimento totale in seguito a deposito di ricorso cautelare ex art. 700, c.p.c., per far ordinare al Giudice di revocare la segnalazione in sofferenza fatta da una Banca presso la Centrale dei Rischi della Banca d'Italia; in tale giudizio cautelare c'è stata anche la condanna alle spese di lite nei confronti della banca soccombente.

 

- sentenza di accoglimento dichiarativa di intervenuta usucapione di bene immobile in favore di parte attrice; tale causa era molto complessa in quanto il vecchio proprietario dell'immobile usucapito era deceduto negli anni '40. Quindi, si è dovuta preliminarmente fare una notifica per pubblici proclami sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, in quanto era molto arduo ricostruire l'albero genealogico del defunto proprietario. Altrettanto arduo è stato il ritrovamento di trascrizioni in favore e contro visto che c'erano stati negli anni frazionamenti catastali e cambi di particelle. Pertanto, è stato necessario consultare le visure ai microfilm presso il vecchio catasto e ricostruire la storia dei frazionamenti con tutti i successivi atti traslativi di proprietà.

 

- ordinanza di accoglimento totale in seguito a richiesta di assegno provvisorio alimentare in favore di parte attrice.

 

- provvedimento di estinzione di una procedura espropriativa mobiliare presso terzi in seguito a deposito di atto di opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., nel quale si chiedeva di far dichiarare nulla e priva di effetto l'intimazione di pagamento di un creditore in quanto non era pignorabile un credito IVA della società debitrice (il credito era certo, ma non liquido ed esigibile in quanto, tra i vari motivi avanzati in supporto alla richiesta, l'erogabilità del rimborso del credito IVA predetto era possibile solo previa emanazione di polizza fideiussoria ex art. 38, bis, comm 4 e 5, d.p.r. 633/1972).

 

- sentenza penale di assoluzione.

 

- provvedimento di concessione di liberazione anticipata in favore di un imputato detenuto in carcere.

 

- provvedimento di riabilitazione.

 

- sentenza penale di condanna dell'imputato a risarcire la parte civile difesa dall'avv. Antonio la Penna.

 

- sentenza di non doversi procedere in seguito ad esito positivo di messa alla prova dell'imputato.

 L'assistito dell'avv. Antonio la Penna veniva condannato, con decreto penale di condanna, al pagamento di euro 7.500,00 di multa, previo sequestro di arma e munizioni che, in caso di esecutività del decreto stesso, avrebbe comportato la confisca del materiale sequestrato. Depositato nei termini atto di opposizione al predetto decreto penale di condanna, e richiesta ed ottenuta la sospensione del procedimento penale con messa alla prova dell'imputato, quest'ultimo svolgeva lavori di pubblica utilità in favore del proprio Comune di residenza. Conclusosi con esito positivo il programma di trattamento, il Giudice emanava sentenza di non doversi procedere nei confronti dell'imputato, disponendo la restituzione in favore dello stesso dell'arma e delle munizioni precedentemente sequestrate. Reato estinto.

 

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